Cos’è la vulvodinia? Il termine di questa patologia è composto da due parole – Vulva/Odinia. La prima di origine latina che si riferisce alla parte anatomica femminile che interessa l’apparato genitale esterno. Più precisamente la vulva è composta da:
- Grandi e piccole labbra;
- Monte del pube ovvero il rilievo di cute e tessuto adiposo localizzato centralmente nella regione pelvica;
- Vestibolo vaginale ovvero l’ area racchiusa dalle piccole labbra;
- Clitoride;
- Ghiandole di Bartolini;
- Imene;
- Orifizio esterno dell’uretra.
L’altra parola di origine greca – Odinia – indica il dolore e la disperazione. L’etimologia del nome di tale disturbo che colpisce il 12-15% delle donne, compromettendone significativamente la vita sessuale, ci svela già il tipo di problema. Si tratta infatti di un dolore localizzato nell’area vulvare e persistente da 3 a 6 mesi.
Si possono classificare due tipi diversi di dolore:
- cornico e continuo;
- intermittente o episodico ovvero che si verifica nella fase pre-mestruale.
Vulvodinia, sintomi: come si manifesta?
Quali sono i sintomi della vulvodinia? Come si manifesta questo disturbo e a quali campanelli d’allarme devono prestare attenzione le donne? E’ importante conoscere come si presenta la vulvodinia in quanto per anni e anni è rimasta una patologia sottostimata che veniva classificata come malattia psicosomatica. I numerosi passi avanti fatti dalla medicina hanno però portato a classificarla nuovamente come vera e propria malattia ginecologica per la quale vi è – giusto per rassicurare tutte le donne – un efficace e adeguato protocollo terapeutico.
La vulvodinia si può presentare attraverso:
- un forte bruciore, sensazione di calore o di aghi che pungono;
- dolore durante i rapporti sessuali;
- arrossamento;
- lesioni osservabili macroscopicamente (sintomo più raro).
Attraverso numerosi studi e l’analisi di svariate pazienti i medici hanno rilevato come una donna affetta da vulvodinia presenti una alterazione del processo sensoriale che segnala una forte sensazione di dolore. Si può ravvisare oltretutto una importante iperattività delle cellule periferiche localizzate nel derma, proprio vicino a vasi sanguigni, che determina non solo il rilascio di sostanze infiammatorie nel tessuto circostante, ma anche e soprattutto alterazioni delle strutture nervose. A mutare è inoltre la capacità del pavimento pelvico di contrarsi.
Cause e fattori scatenanti della vulvodinia
Le cause non sono ancora completamente chiare anche perché esistono più fattori scatenanti che sono strettamente collegati fra loro e che possono riguardare precedenti vaginiti, la presenza di candidosi ricorrenti, ma anche cistiti recidivanti, agenti irritativi o meccanici nella zona vulvare o addirittura contratture dei muscoli pelvici. Oltre a questi vi sono fra i colpevoli le alterazioni ormonali e perfino determinate cure farmacologiche ripetute nel tempo.
Fra le cause vi sono anche:
- l’iper-contrattilità della muscolatura che circonda la zona vulvare e perianale;
- l’iperstimolazione delle terminazioni nervose deputate alla percezione del dolore;
- Lesioni del nervo pudendo dovute al parto.
Cosa significa tutto ciò? Ad esempio che la vulvodinia può essere favorita da una reazione altamente difensiva della zona vaginale che provoca uno spasmo muscolare permanente. Oppure la presenza di una risposta dolorosa amplificata ed esageratamente prolungata ad un modesto stimolo doloroso.
In campo medico sono stati ravvisati inoltre altri fattori scatenanti o aggravanti quali:
- Microtraumi causati da una secchezza vaginale;
- Uso di prodotti per l’igiene intima non appropriati o di scarsa qualità;
- Disordini immunitari;
- Neuropatie;
- Fattori psicosessuali;
- Fattori relazionali.
La diagnosi: come si arriva ad individuare la vulvodinia
I vari specialisti possono stilare una diagnosi e decidere che la paziente sia affetta da vulvodinia in primis solo ed esclusivamente ascoltando attentamente il racconto dei sintomi avvertiti dalla paziente. Dopo un’attenta anamnesi si possono prescrivere esami clinici ad hoc. Tra di essi vi è ad esempio lo Swab test che consiste nell’esercitazione, da parte dello specialista, di una pressione leggera con un cotton fioc nella regione vestibolare. Tale test risulta essere positivo se allo sfioramento corrisponde una sensazione dolorosa pungente e di bruciore.
Durante la visita ginecologica pertanto il medico deve cercare di capire l’origine del dolore raccontato dalla paziente e cercare di quantificare l’intensità dello stesso per capirne la gravità. Solo attraverso questa attenta valutazione, infatti, si può stabilire la terapia più appropriata per trattare il problema. Ecco perché, se richiesto dallo specialista, si può anche effettuare un altro esame specifico come l’elettromiografia. Essa ha lo scopo di verificare la reattività del muscolo elevatore.
Come curare la vulvodinia?
Quali sono le terapie usate per la cura della vulvodinia?
Vi sono diversi approcci a disposizione del ginecologo. La cura varia da paziente a paziente soprattutto in base al tipo di dolore avvertito e ai propri sintomi. I trattamenti devono essere personalizzati proprio perché questa patologia si manifesta in maniera diversa e richiede competenze in ambito urologico, ginecologico, neurologico, psicologico, sessuale, ma anche nutrizionale e posturale.
Il medico, prima di prescrivere una cura, analizza i possibili fattori scatenanti, quelli predisponenti alla malattia e la durata dei vari sintomi presenti. A seconda di tutto ciò, infine, la cura prescritta può far effetto e portare alla guarigione nel giro di alcuni mesi.
Come si cura la vulvodinia?
Dopo una accurata diagnosi il medico può prescrivere ad esempio dei farmaci mirati. Ad essere utilizzati sono: antidepressivi triciclici a basso dosaggio e gli antiepilettici per via dell’azione antinfiammatoria e della capacità inibitoria sulla percezione del dolore centrale. In alcuni casi si giunge si può optare per il blocco anestetico delle terminazioni nervose oltre che per l’infiltrazione di sostanze analgesiche direttamente nell’area del dolore.
La cura può inoltre prevedere la prescrizione di una psicoterapia o di una terapia sessuologica. Per apportare benefici ai muscoli vaginali in alcuni casi occorre anche una fisioterapia mirata all’allenamento del pavimento pelvico e all’auto-rilassamento per migliorare il controllo delle contrazioni dei muscoli e il conseguente dolore.
Ad ogni paziente può essere richiesto infine di adottare stili di vita sani e possono venir dati consigli utili sulle norme comportamentali. Un esempio? Il medico di fiducia può suggerire di:
- Eliminare l’utilizzo di detergenti aggressivi;
- usare solo biancheria di cotone bianco;
- Non usare ammorbidenti;
- Non indossare pantaloni stretti;
- Non stare seduti a lungo;
- eseguire esercizi mirati al rilassamento dei muscoli pelvici.
Può inoltre essere richiesto di utilizzare un cuscino sagomato per evitare la pressione sulla vulva se si sta troppo a sedere, cambiare il costume se bagnato quando si è al mare, ma anche di evitare la pratica di sport quali: l’equitazione, lo spinning e il ciclismo andando a preferire: lo yoga e lo stretching.