In Italia, sono migliaia le donne in età fertile che soffrono di endometriosi, una patologia che causa dismenorrea, ovvero un forte dolore pelvico che compare durante il ciclo mestruale.
L’endometriosi è scatenata dalla crescita eccessiva di tessuto endometriale, simile a quello che riveste l’interno dell’utero, ma in una posizione ectopica, al di fuori dell’utero.
Queste lesioni si localizzano, comunemente, sulle ovaie, sulle tube di Falloppio, sulla superficie
dell’utero, del colon, e sul rivestimento della cavità pelvica (cioè il peritoneo).
Meno comunemente coinvolgono la vagina, la cervice e la vescica e altri organi al di fuori
dell’apparato genitale.
Chi è affetto da endometriosi?
L’endometriosi colpisce le donne in età fertile.
Non si ha una chiara percentuale delle pazienti colpite, essendo la condizione, spesso, asintomatica.
Mediamente, si è valutato che l’endometriosi interessa oltre due milioni di donne. La patologia è tra le principali cause di dolore pelvico, risultando come responsabile di molte delle procedure laparoscopiche eseguite dai ginecologi.
Le stime indicano che dal 20% al 50% delle donne che seguono un trattamento per l’infertilità
hanno l’endometriosi e fino al 80% delle donne con dolore pelvico cronico possono avere la
patologia, sebbene non sia sempre diagnosticata.
L’età in cui compare è compresa tra i 25 e i 35 anni ed è assente nelle donne in post-menopausa. Gli studi suggeriscono, inoltre, che l’endometriosi è più comune nelle donne magre, alte e con un basso indice di massa corporea (BMI).
Tra i fattori di rischio troviamo:
• la gravidanza in tarda età;
• l’esordio delle prime mestruazioni in età precoce;
• la menopausa tardiva.
È anche probabile che ci siano fattori genetici che predispongono una donna all’endometriosi.
Quali sono le cause dell’endometriosi?
Le cause che portano alla comparsa dell’endometriosi non sono ben chiare.
Una teoria sostiene che il tessuto endometriale si deposita in aree ectopiche, grazie al flusso
retrogrado dei residui mestruali, giungendo alla cavità pelvica, sebbene non si capisca come sia
possibile.
Un’altra tesi è che le zone che rivestono gli organi pelvici possiedono cellule primitive capaci di svilupparsi in altre forme di tessuto, come quello endometriale. Questo processo è chiamato col
nome di metaplasia celomatica.
In altri casi, il disturbo potrebbe essere attribuito a cicatrici chirurgiche, come quelle che si creano dopo un intervento di taglio cesareo.
Infine, si è riscontrata una risposta immunitaria alterata nelle donne con endometriosi, che può
influenzare la naturale capacità del corpo di riconoscere il tessuto endometriale ectopico.
Come si manifesta il disturbo?
In molti casi, l’endometriosi è asintomatica. In altri, i disturbi più frequenti sono:
• dolore pelvico acuto
• rapporti sessuali dolorosi
• crampi o dolore durante i movimenti intestinali o durante la minzione
• infertilità
• diarrea o stitichezza
• dolore lombare
• fatica cronica
• sangue nelle urine durante le mestruazioni
• mal di testa
L’intensità del dolore può variare di mese in mese e tra i soggetti colpiti. La gravità del dolore
pelvico dipende dall’area in cui si localizzano i tessuti endometriali in eccesso.
L’endometriosi e il rischio d’infertilità
L’endometriosi può provocare la formazione di tessuto cicatriziale all’interno del bacino. Se le ovaie e le tube di Falloppio sono toccate, i processi meccanici coinvolti nel trasferimento delle uova fecondate nelle tube possono essere alterati.
Inoltre, le lesioni endometriosiche possono produrre sostanze infiammatorie che influenzano
negativamente l’ovulazione, la fecondazione e l’impianto dell’ovulo.
Di conseguenza, la patologia può rappresentare un fattore di rischio per la fertilità delle donne.
La diagnosi dell’endometriosi
L’endometriosi può essere diagnosticata, valutando il dolore pelvico e i risultati di alcuni esami
fisici. Possono essere riscontrati, durante una visita ginecologica, noduli nella vagina o legamenti che si attaccano alla parete pelvica.
Esami d’imaging, come gli ultrasuoni, possono essere utili per escludere altre patologie pelviche e suggerire la presenza di endometriosi nelle zone vaginali e della vescica, ma non sono in grado di diagnosticare in modo affidabile la patologia.
Per una diagnosi accurata, si consiglia un’ispezione visiva diretta mediante laparoscopia all’interno del bacino e dell’addome e la biopsia degli impianti, se necessaria.
La laparoscopia è un intervento chirurgico a tutti gli effetti, eseguito in anestesia generale che
prevede una o due notti di ricovero.
Comporta l’introduzione nell’addome di un’ottica mediante incisione dell’ombelico con inalazione
di una sostanza gassosa, di solito anidride carbonica che gonfia la cavità addominale e ne permette la visualizzazione degli organi contenuti.
Gli impianti endometriali possono così essere visti direttamente.
Come si cura l’endometriosi?
L’endometriosi può essere trattata con farmaci o asportazione chirurgica delle lesioni. Gli obiettivi del trattamento possono includere sollievo dai sintomi e miglioramento della fertilità.
I farmaci antinfiammatori non steroidei o FANS (come l’ibuprofene o naprossene sodico) sono
comunemente prescritti per contribuire ad alleviare il dolore pelvico e i crampi mestruali. Questi
farmaci antidolorifici non hanno alcun effetto sugli impianti dell’endometrio o sulla progressione
della patologia.
Poiché l’endometriosi si verifica durante gli anni riproduttivi, molti dei trattamenti medici
disponibili si affidano all’interruzione della normale e ciclica produzione di ormoni dalle ovaie.
Questi farmaci comprendono analoghi del GnRH, o contraccettivi orali e progestinici.
Sarà lo specialista di fiducia a valutare il caso e a considerare l’approccio terapeutico più indicato.